














| |
Il 16 marzo 1947 nel salone dell'Accademia Chigiana di Siena,
E.A.Mario durante una breve e acuta conferenza riconduceva entro un'ottica di
assoluta coerenza e di giusto equilibrio la figura di Francesco Paolo Tosti che
false retoriche e giudizi affrettati quanto inopportuni andavano distorcendo.
Pochi hanno raccolto il messaggio di quella lezione intesa come metodologia
d'indagine che partendo da presupposti "non sospetti", ricerchi
obiettivamente il valore e il significato di una esperienza di vita, di umanità
e di arte. Francesco Paolo Tosti è il caso emblematico di un'epoca, di un
genere musicale, di un certo modo di intendere la vita e tradurla in espressione
artistica. L'abbondanza di aneddoti di contro alla scarsità di precisi spunti
biografici, non inficiano, ad un'attenta lettura, le caratteristiche peculiari
di una statura intellettuale ed umana non comune. E la chiave di lettura non va
ricercata essenzialmente in una sorta di innato carisma grazie al quale Tosti
riesce a conquistare la simpatia di larghi strati sociali, di personalità del
mondo politico come di quello culturale, delle corti come delle sale di
provincia.
Quella di Tosti è una scelta di esistenzialità artistica non casuale e
tantomemo dettata da mode effimere. Egli non scrive romanze al solo scopo di
attrarre l'attenzione di qualche avvenente fanciulla, scrive solo romanze! La
fedeltà è totale: non ci sono spazi per ripensamenti, non c'è possibilità di
equivoco né di compromesso. Nasce probabilmente proprio da questa presa di
posizione una certa ostilità dei critici nei suoi confronti, nei confronti di
un genere musicale troppo spesso ritenuto secondario, "povero", in
un'Italia monopolizzata dalla grande stagione dell'opera lirica. "Non fu
certo un musicista d'eccezione -scrisse R.Simoni-; la sua vena nel fondo era
popolare" come se l'arte per essere tale debba attingere afflati da un
Olimpo tanto lontano quanto irraggiungibile.
Lo stesso A. Della Corte, che riconosceva "A Marechiare" di assoluto
valore, buttava a mare la restante produzione del Tosti. La romanza di F.P.
Tosti non è strumento di evasioni innocenti: è un microcosmo che vuole
affrancarsi "dall'ipoteca operistica", che vuole rintracciare nel suo
interno una identità che abbia i crismi dell'originalità e dell'universalità.
Il segreto della sua musica è la semplicità, sconcertante e al tempo stesso
ricca di forza straordinaria. La sua romanza è una policromia tenue nella quale
i colori non sconfinano mai in toni violenti o in contrastanti vividi ammassi.
La tensione artistica non necessita di funambolismi di contrappunto o della
ricerca di nuove armonie, pur nelle allettanti sollecitazioni di fine secolo;
l'armonizzazione anzi è spesso scarna, ridotta all'essenziale, quasi disposta
ad esaltare il nucleo centrale che è la linea melodica. "La melodia di
Tosti è un volo, un grido, un sorriso, un commisto di realtà e di sogno, di
plenitudine di vita e di vaporosità romantica; ed è appunto nel perfetto
connubio, nel felice equilibrio di questi elementi che risiede la sua freschezza
imperitura e la sua incredibile forza". (E. Moschino)
La semplicità non è mai in Tosti banalità; basti pensare alla cura con la
quale il musicista abruzzese sceglie i testi alla ricerca del mondo poetico a
lui più congeniale. L'importanza di tale scelta si evidenzia nell'aderenza
melodica ai versi che non è soltanto un fatto di metrica, di accentazione, di
sviluppo tematico, quanto anche efficace simbiosi che crea una suggestione di
immagini e investe i reconditi empiti dell'animo. Cosicché anche il modo
maggiore è spesso gravido di struggenti malinconie, di tristezze mai trascese e
anzi involte in un universo "di palpitanti condizioni umane, simili e
tuttavia ben distinte l'una dall'altra". (D. Rubboli)
L'amore è il 'leit motiv' del microcosmo tostiano, che trova terreno fertile in
una realtà e in una condizione femminile di un momento storico di transizione
in cui forze disgregatrici si preparano a stravolgere l'assetto societario
consolidato dopo la rivoluzione francese. Amori idealizzati ai confini di un
richiamo stilnovista, pur se di matrice più immanente (Malia); amori che durano
un battito d'ali ma profondamente vissuti: "Amore è come un alito di
vento: passa, carezza, va" (Tormento); amori infelici, mai dichiarati ma
sofferti in una rassegnazione che sublima (Ridonami la calma). Una connaturale,
squisita raffinatezza, perfezionata prima nei salotti aristocratici della Roma
fin de siècle e poi nelle corti di Savoia e d'Inghilterra, permea l'ispirazione
tostiana; l'eleganza dei suoi modi e del suo aspetto si trasfonde in finezza
espressiva; l'uditore è coinvolto fino a diventare egli stesso partecipe di
quei salotti e di quelle corti. Tosti si fa mediatore tra un mondo di sogni, di
principi, di regine e la gente che quel mondo ha visto solo nei disegni di
qualche libro di favole; gente comune a cui lui appartiene e che gli appartiene,
che è la gente della sua terra della quale avvertirà sempre prepotente
l'emozione e il richiamo. Accetterà infatti la cittadinanza inglese soltanto
come segno di gratitudine "non fatta di sentimentalismi -come lui stesso
tenne a precisare- ma schietta riconoscenza per le infinite cortesie avute, per
le molteplici attestazioni di stima...". Coerenza, semplicità,
raffinatezza: sono assunti che eludono tentativi di fuga dall'interpretazione
dell'uomo e dell'artista, per altro di solida formazione musicale maturata alla
grande scuola di S. Mercadante. Il pomeriggio del 2 dicembre 1916 Tosti portava
via con sé un ideale di vita e di arte, ideale che aveva seguito
"com'iride di pace"; la grande guerra "avrebbe spazzato via la
società e il costume di vita dei quali Tosti, almeno per quanto riguarda la
musica, era stato tra i più singolari protagonisti". (F. Sanvitale)
Sandro Bernabei
|