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Il
Barocco è un’esperienza europea che nasce e si afferma evolvendosi
contemporaneamente nelle principali culture continentali, imprimendo i suoi
connotati, anche se con sfumature e intensità diverse, a tradizioni
storicamente e geograficamente molto lontane, dalla Spagna alla Germania,
dall’Italia all’Inghilterra, dalle Fiandre all’Est. E’ un dato di
testimonianza che evidenzia l’omogeneità dei motivi di fondo da cui è
scaturito questo modo di percepire e rappresentare la realtà.
Il Barocco vive di un’esperienza onnicomprensiva, nel significato che
interessa non soltanto la letteratura, ma le arti, la musica, il costume e la
mentalità.
Il Barocco ha la caratteristica dell’ufficialità, assurge, cioè, come la
forma di cultura più vicina agli interessi del potere costituito, e
contemporaneamente rappresenta anche l’esaltazione dell’anticonformismo e
della trasgressione (ed è proprio in questa esagerazione che sta il motivo
maggiore del suo fascino).
Il limite maggiore del Barocco fu quello di volere a tutti i costi stupire e
meravigliare, ricorrendo a un formalismo esasperato e ad immagini inusitate (il
cosiddetto concettismo), oppure affrontando gli argomenti più improbabili,
singolari e bizzarri con un risultato che molto spesso, riduce l’arte barocca
ad uno sfoggio di bravura fine a se stessa e non di rado indisponente per il suo
fondo esibizionistico e vacuo. Gli effetti – dirompenti - del Barocco, si
possono apprezzare nella produzione letteraria meglio che in ogni altro campo
delle attività intellettuali. Le arti figurative, infatti, uscivano
dall’esperienza del Manierismo cinquecentesco che aveva da tempo preparato
l’affermazione della nuova sensibilità, mentre la musica, che non aveva alle
spalle alcuna grande tradizione di cui liberarsi, trovò nell’età barocca il
suo vero atto di nascita.
La Musica
La Musica del periodo barocco è intimamente legata alle evoluzioni ed
involuzioni creative che videro protagonisti la Riforma luterana prima e la
Controriforma cattolica dopo. Nell’elaborazione della sua proposta, Martin
Lutero rivalutava la posizione individuale e indipendente del soggetto nel suo
rapporto con Dio, con le istituzioni della Chiesa, con le Sacre Scritture. Di
fatto egli escludeva la centralità e il ruolo intermedio del clero, che fino ad
allora (ci troviamo nella prima metà del 1500) aveva tenuto, nel rapporto con i
credenti, una posizione di evidente vantaggio economico e culturale. Lutero
sostiene la necessità di una lettura individuale della Bibbia e favorisce per
questa ragione l’incremento dell’alfabetizzazione di massa e a carattere
popolare, gratuita e obbligatoria. Lutero auspica lo sviluppo dell’attività
filologica e l’incremento della circolazione del libro in quanto strumento
indispensabile a quella che egli definiva una ‘autoliberazione’ della
coscienza, l’affermazione di un pensiero libero e svincolato da quelle paure
che proprio nella Chiesa cattolica subordinavano lo spirito critico
all’obbedienza assoluta.
La Chiesa, che sembrava inizialmente ignorare le teorie luterane, cominciò,
dopo l’affissione sul portale della cattedrale di Wittenberg delle “95
tesi”, la sua controffensiva: il Concilio di Trento (1545-1563) servì a
deliberare e poi ad applicare in concreto le iniziative che diedero vita alla
Controriforma.
Tra le più disparate iniziative che la Controriforma diede origine è la
‘rinascita’ delle arti in genere e la Musica, è una delle forme artistiche
che la Chiesa adoperò per sostenere la sua causa controriformista, con
l’intenzione di suscitare ed esaltare nell’intimo dei credenti cattolici –
con lo stupore e la magnificenza delle note che riecheggiavano nelle immense
volte delle Cappelle ecclesiastiche – una soggezione spirituale intenta a
sostenere le ragioni morali e spirituali del credo cattolico.
Musica sacra a Roma e a Venezia
La musica del XVII secolo fu caratterizzata da uno scambio intenso d'influssi
stilistici fra le varie nazioni d’Europa, dove lo stile italiano predominò
sempre più nel teatro musicale e nella musica strumentale. Oltre a questo il
periodo seicentesco s’identifica anche con l’affermarsi del “sistema
tonale” e con l’uso specifico del “basso continuo”. Senza però
allargare troppo i nostri confini, vorrei attirare l’attenzione soprattutto
sulla prima metà del Seicento musicale sacro in Italia, con esclusivo
riferimento ai due centri più importanti della cultura musicale sacra di quel
periodo: Roma e Venezia. La scuola romana e quella veneziana continuarono a
celebrare la tradizionale musica liturgica che si era stabilita sullo scorcio
del Cinquecento, secondo le rispettive “scuole” del Palestrina e dei
Gabrieli. Musiche interpretate esclusivamente, secondo la tradizione
dell’epoca, da quegli “angeli del canto” che erano i castrati (e/o dal
coro di voci bianche dei fanciulli).
A Roma la figura simbolica di Palestrina contribuì, non poco, a far considerare
la polifonia a voci sole come a un “patrimonio” locale della più alta
gerarchia ecclesiastica (anche se più tardi, non mancò ad arrivare
l’influsso della scuola veneziana con lo stile concertato dei Gabrieli, in
quei maestri che si sentivano gli eredi autentici dello stile palestriniano come
Orazio Benevoli ed Ercole Bernabei, dei quali fecero epoca le loro messe) e dove
la Cappella Sistina, con a capo il Papa, era il fulcro della tradizionale musica
“antica”.
A Venezia, invece, la figura emblematica di Monteverdi e la sua musica liturgica
rispecchiarono lo stile concertato dei Gabrieli, con strumenti tanto nei
mottetti quanto nei salmi e nelle messe.
Il Cantore della Chiesa
La Musica del periodo barocco, è
anche strettamente legata alle nuove evoluzioni nel campo musicale che diedero
origine all'uso specifico del 'basso continuo' e alla monodia. Questa nuova
espressione di pensare e fare musica si sviluppò sullo scorcio del Cinquecento
e per tutto il '600, diede vita ad una vera e propria rivoluzione, portando alla
ribalta l'aria. Il significato del termine "aria" è indivisibilmente
legato al canto monodico che si sviluppò col tramonto della polifonia e la
gloria del solista vocale.
La Chiesa, sempre attenta alle forme di espressione più vicine a Dio, non tardò
molto a capire il valore della musica monodica nel divulgare i valori evangelici
e la nuova figura del 'cantore' solista, fu uno strumento di comunicazione di
massa.
Il cantore della Chiesa è fortemente legato all'espressione musicale sacra di
tutto il periodo barocco (1600-1750). Alla donna era proibito sin dal 1588
calcare le scene teatrali in tutto lo Stato Pontificio e il cantore, molto
presto, divenne il 'simbolo' del nuovo linguaggio musicale sacro cattolico. Il
cantore si distingueva in due categorie: sopranista e contraltista. Due vocalità
dallo stesso registro vocale della donna che segnarono un'epoca: l'Epoca d'Oro
dei castrati.
Il cantore dell'epoca barocca fin dal suo impiego professionale nella Cappella
Pontificia e poi in tutte le chiese,ma ancor prima del tempo di Papa Sisto V (il
Papa che proibì alle donne l'esibizione pubblica, 1588) ha rappresentato, con
il suo canto e la sua vocalità, il linguaggio evangelico universale racchiuso
nella musica sacra di grandi compositori quali Giacomo Carissimi, per esempio,
elevando il messaggio cristiano ad altissime e forti sensazioni nelle alte sfere
delle emozioni intime dell'uomo, che facevano vibrare l'anima nel suo profondo.
Il cantore, uno degli ultimi Alessandro Moreschi è scomparso nel primo
ventennio del '900, è una figura lontana dall'immaginario collettivo, da troppo
tempo dimenticata e così legata all'esecuzione di musica da chiesa, ma non
solo, da farne quasi l'unica ragione per cui si scrivesse musica nel periodo che
stiamo esaminando fino alla comparsa sulla scena europea del Romanticismo, che
decretò la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra.
Igor Stravinsky, a Papa Paolo VI che gli chiedeva cosa la Chiesa potesse fare a
favore della musica, rispose: "Santità, restituisca alla musica i
castrati".
Il castrato e la donna sulla scena
teatrale
Di fronte a un caso come quello dei cantori evirati – che la storia musicale
sembra averci tramandato come fenomeno di costume – si rimane affascinati dal
mistero di quelle voci: né di uomo, né di donna e né di bambino. Voci che
sembrano avere (secondo le cronache dell’epoca, "Riflessioni pratiche sul
canto figurato" G.B. Mancini, 1777) qualcosa di ‘soprannaturale’.
Una nota distintiva di tutta l’epoca barocca fu proprio la presenza, nei
teatri di prosa e lirici di tutta Europa ma non solo, degli evirati cantori.
Questi ultimi, inizialmente, cantavano prevalentemente nelle Cappelle
ecclesiastiche dopo che il veto di Papa Sisto V (1588), come già sottolineato,
proibì l’esibizione pubblica alla donna in tutto lo Stato della Chiesa. I
fedeli che assistevano alla messa, rapiti dallo stupore e dalla meraviglia che
il canto dell' evirato destava nell'animo, facendosi sempre più numerosi alle
funzioni liturgiche davano vita, molto spesso, a veri e propri deliri di massa
(pensate ai concerti dei moderni cantautori o al tifo nello stadio per una
partita di pallone). Da qui il loro passo sulle scene teatrali fu breve.
La donna, che tranne nello Stato Pontificio si esibiva in tutti i teatri di
prosa e lirici europei, si trovò ben presto di fronte un forte rivale sulla
scena teatrale, l’evirato. Il castrato aveva la “presunzione” non solo di
subentrare nei panni della protagonista femminile di un’opera o credere di
rappresentare un’alternativa alla vocalità femminile e maschile, ma aveva
anche l’ardire di effigiarsi del titolo di ‘primo virtuoso del canto’ (da
qui nacquero tante storie di rivalità tra il castrato e la prima donna),
volendo relegare così il ruolo di cantatrice a secondo e terzo ordine (ma la
storia musicale ci ha tramandato anche pagine bellissime di letteratura musicale
tutte al femminile: Cuzzoni, Bordoni-Hasse).
E' fuor di dubbio che l’immagine del castrato è soprattutto legata
all’esecuzione di musica da chiesa, la quale è stata sempre pensata - almeno
per quanto riguarda il cattolicesimo - in funzione della vocalità dell’eunuco
e comunque, per una figura maschile (pensiamo ai cori greco-bizantini e ai cori
gregoriani, per esempio). Solo più tardi, con il Motu Proprio de Musica Sacra
di Pio X (1903) la donna sarà ammessa al canto liturgico, da prima solo sul
sagrato e poi nel presbiterio.
Due stili a confronto
Due stili a confronto è la conflittualità di due vocalità e due stili di
canto che hanno caratterizzato due distinte epoche musicali: quella barocca
prima e quella romantica dopo. L’esecuzione del canto nel periodo barocco, che
era caratterizzato dalla stilizzazione dei sentimenti, da un virtuosismo fine a
se stesso, dall’improvvisazione dell’ornamentazione (lasciata all’arbitrio
dei cantanti) e dalla perfezione estetica nella cura della ‘forma’ musicale,
venne a decadere con lo sviluppo, l'evoluzione di una nuova maniera di cantare:
il canto “romantico” (più drammatico ed espressivo) che segnò la fine
della ragion d’essere dei castrati e del loro modo di cantare, per una
rinnovata schiera di 'prime donne' sulla scena lirica.
L’avvento del Romanticismo spazzò via, dalla scena operistica, storie e
leggende mitologiche, eroi ed eroine del mondo antico, volendo dare spazio così,
per un forte desiderio di concretezza e per una maggiore realtà scenica, a
storie vissute nella quotidianità borghese, plebea e militaresca (Rivoluzione
francese 1789).
Nacquero in questo modo, solo per citarne alcune, opere immortali quali Il
franco cacciatore di Weber (1821, prima opera romantica), Guglielmo Tell di
Rossini (grànd – opéra, 1829) ; fino ad arrivare agli spiriti ottocenteschi
di Verdi e di Wagner e a cavallo dei due secoli all’opera verista con Mascagni
(Cavalleria rusticana, 1890), Puccini (La Bohème, 1896) e Cilea ( Adriana
Lecouvreur, 1902).
Questa nuova rivoluzione del canto e della vocalità, da un timbro sempre più
drammatico e potente, mosse i suoi primi passi con l’opera Orfeo ed Euridice
di Gluck (1762), passando poi attraverso Cherubini (Medea, 1797), al gluckiano
Spontini (La Vestale, 1807), fino ad arrivare al ventennio 1820-’40, che i
contemporanei considerarono come la fine di un epoca e l’inizio di un’altra.
Queste poche righe che ho scritto, sono il frutto di una personale ricerca
musicale dettatami da alcune esigenze professionali, che mi hanno portato ad un
lavoro, alcune volte minuzioso per i mille dettagli di riferimenti didattici,
storici e altro, faticoso, ma allo stesso tempo soddisfacente per me. Mi è
stato chiesto dal nostro amico Antonio Cericola, che qui ringrazio per lo spazio
che mi ha dedicato, di scendere nei dettagli di questa che a me piace chiamare
semplicemente: 'storiella musicale'. Ma ho ritenuto più opportuno, per una più
facile e piacevole lettura, presentarvi solo una parte del lavoro svolto che
ritengo essere più esaustiva sull'argomento qui trattato. …"Forse
temeraria è stata l'impresa, ma quando anche non corrispondesse all'intenzione,
negli effetti almeno, inciterà gli intelligenti a correttamente
trattarne". P.F. Tosi
Simone Bartolini
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