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"La montanara" e la leggenda di Soreghina
Toni
Ortelli, chi era costui? Nessuno sapeva chi fosse, poi la morte, avvenuta in
marzo a 95 anni, l'ha portato agli onori della cronaca. E
giustamente. E'
infatti l'autore del “La montanara”, il canto di montagna più famoso del
mondo. Allora le riviste specializzate e anche i quotidiani a tiratura nazionale
hanno riscoperto il suo autore, celebrando in lunghi articoli la vita attiva ed
impegnata di Ortelli, nonché la storia della sua composizione più importante,
divenuta ormai una specie di inno internazionale della montagna (che
naturalmente fa parte anche del repertorio del coro CAI). Che
il suo autore fosse praticamente sconosciuto è forse dovuto al fatto che canti
come “La montanara”, appunto, o “Signore delle cime”, o
“La canzone del Piave” sono talmente radicati nell'immaginario
collettivo che sembrano nati per generazione spontanea dall'anima popolare.
Invece hanno un loro autore, una data di nascita e una loro storia. E
così abbiamo imparato dai giornali che La Montanara fu ideata nel luglio del
1927 da Ortelli durante un'escursione solitaria al Pian della Mussa. Fu poi
messa in musica dallo stesso autore nella famosa "tampa lirica",
l'osteria di Torino dove si davano convegno e si esibivano cantori dialettali.
Incisa nel 1933 dal Coro della SAT fece il giro del mondo e risuonò persino
nell'aula dei Nobel a Stoccolma in rappresentanza dell'Italia in occasione
dell'assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Salvatore Quasimodo. Ma
chi fosse interessato a questi e altri particolari può trovarli sulle pagine
dello Scarpone di maggio. Da
nessuna parte, invece, si trovano commenti sul testo della canzone e in
particolare sulla protagonista del canto, Soreghina, la figlia del sol. Siccome
questa ci pare una mancanza nei suoi confronti, noi ci proponiamo di raccontare
la sua storia, per scoprire come mai è definita "figlia del sol" e
per poter apprezzare ancora di più il canto, conoscendone il retroterra
leggendario, la prossima volta che lo sentiremo eseguire. C'era,
dunque, una volta una principessa, chiamata Soreghina, la cui vita era legata
alla luce del sole. Di notte, infatti, o nei cupi giorni di cattivo tempo,
doveva dormire profondamente: le era stato predetto che se si fosse lasciata
cogliere ancora sveglia dalla mezzanotte, sarebbe morta all'istante. Accadde
un giorno che il glorioso guerriero Occhio della Notte, scacciato dal regno dei
Fanes per aver osato aspirare alla mano della principessa Dolasilla, precipitò
da una rupe sopra la vai di Passa e restò a terra privo di sensi. Venne trovato
e curato da Soreghina; i due giovani si innamorarono, si sposarono e cominciò
per entrambi una vita felice. Soreghina
abitava con Occhio della Notte in una capanna di legno cosparsa di fìor,
situata nel punto più soleggiato di una radura di fronte al monte Vernèl.
Nell'ora del mezzogiorno Soreghina era più che mai lieta e ridente, piena di
energia; coglieva fiori, saliva per l'erto pendio senza stancarsi, agile come un
camoscio correva tra boschi e valli d'or. Ad Occhio della Notte diceva che era
il sole a darle tutta quella forza. Ma
i giorni felici, si sa, trascorrono veloci ed ecco arrivare l'autunno con le
prime malinconiche nebbie e le prime nevi sulle cime. Nel
pomeriggio di una fredda giornata giunse alla casa degli sposi un guerriero
straniero, amico di Occhio della Notte. I due uomini parlarono a lungo in
disparte e Soreghina fu presa dalla curiosità di ascoltare i loro discorsi. Così
si avvicinò alla porta della loro stanza e sentì le parole che sottovoce
Occhio della Notte rivolgeva all'amico: egli si sentiva legato a Soreghina da
devota ed eterna riconoscenza, ma portava sempre indelebile nel cuore l'immagine
di Dolasilla, la principessa guerriera fiera e affascinante sul suo cavallo
bianco. Era
già notte fonda quando l'amico se ne andò ed Occhio della Notte cominciò ad
essere preso dal rimorso per il suo sentimento nascosto, che si traduceva in un
tradimento verso la sua dolce Soreghina. Allora, pentito della sua mancanza di
lealtà, volle andare a vedere la sua sposa che sicuramente dormiva
profondamente, come sempre, nel cuore della notte. Ma mentre aprì la porta,
Soreghina, che si era appoggiata per ascoltare senza curarsi del passare del
tempo, gli cadde tra le braccia senza vita. Come
la brina fredda e crudele uccide un fiore, così nelle tenebre era giunta
silenziosa la cupa mezzanotte, aveva sorpreso Soreghina ancora sveglia e,
secondo la profezia, aveva spento quell'anima luminosa. E non valsero a
riportarla in vita le grida di dolore di Occhio della Notte che le chiedeva
disperatamente perdono. Così
si conclude la storia, bella e triste, di Soreghina, la figlia del sol. (E
tante grazie a Carlo Felice Wolffche che l'ha tramandata). Ottorino Castagna |
Aggiornato il: 02 gennaio 2014 |